Il marito fugge di casa senza che sia in atto una (dimostrabile) crisi coniugale dimostrabile?
Va addebitata a lui la separazione!
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’allontanamento dalla casa coniugale non può ritenersi legittimo, e nel caso in esame non è stato dimostrato che l’abbandono della casa coniugale e quindi dell’altro coniuge sia avvenuto nel contesto di una crisi già in atto.
Il risultato?
Addebito al marito della separazione, e a suo carico assegno di mantenimento per moglie e figlio.
Quindi se il marito abbandona la casa coniugale, lasciando la moglie in circostanze difficili, che è facile immaginare (e che nel caso di specie erano
aggravati da un procedimento di sfratto in corso), tale comportamento si traduce nella violazione dell’art. 143 del codice civile che impone
ai coniugi “doveri di assistenza” reciproci.
Nel caso specifico esaminato dalla Cassazione, in aggiunta il marito riteneva ingiusto quanto stabilito dalla Corte di Appello sul mantenimento:
alla moglie (ipovedente) l’importo di Euro 950,00 mensili che, insieme a quello per il figlio (Euro 650,00) determinavano una somma complessiva
di Euro 1.700,00, sproporzionata (a dire del marito) in relazione al proprio reddito netto mensile, di Euro 2.500,00.
Il motivo è stato respinto dalla Corte. Così se il marito fugge di casa rischia l’addebito della separazione.
Inutili sono state le difese di lui che tentava di giustificare la sua condotta spiegando che l’abbandono della casa coniugale si era verificato nel contesto di una crisi matrimoniale già in atto.
Le prove dimostravano che la separazione era avvenuta dopo mesi dalla fuga del marito dalla casa coniugale.
Cassazione Civile, ordinanza n. 14841/2015.
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