Come si riconosce la ristretta base azionaria partecipativa di una società? Può l’Agenzia delle Entrate chiedere al socio gli utili della SRL?
Ristretta base azionaria – In linea di principio, e in base alla norma,
un accertamento tributario in capo alla società non dovrebbe avere conseguenze dirette anche nei confronti dei singoli soci.
La legge per le società di capitali parla chiaro i dividendi costituiscono reddito, per i soci, solo nel periodo di imposta in cui sono effettivamente percepiti.
Tuttavia, esiste un consolidato orientamento della Corte di cassazione, in tema di accertamento delle imposte sui redditi che, nel caso di società di
capitali a ristretta base sociale, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la
“facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti”
(Cass. 5607/2011; v, tra le tante, anche Cass. 18640/2008 e 17358/2009; Ordinanza n. 17359 del 30 luglio 2014).
Questa presunzione non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi
accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che
normalmente caratterizza la gestione sociale (Cass. n. 951/2009; v. anche Cass. 5607/2011).
In particolare, nella nota sentenza della Sez. tributaria della Suprema Corte del 3 aprile 2000, n. 3981 è stato affermato che
“nel caso di società di capitali, pur non sussistendo
– a differenza delle società di persone – una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, viene generalmente ammesso che l’appartenenza della società ad una stretta cerchia familiare possa fornire, sul piano degli indizi, la prova dell’avvenuta distribuzione.
La correttezza logico-giuridica di tale criterio d’imputazione ai soci degli utili extracontabili di una società di capitali è stata ripetutamente riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte, sulla considerazione della ‘complicità’ che normalmente avvince i membri di una ristretta compagine sociale“.(cfr. Cass. sentenza n. 16885 del 2003 ).
La presunzione di distribuzione si fonda su una circostanza: la ristrettezza della base sociale che, normalmente, è – ad oggi – indice di un vincolo di solidarietà e reciproco controllo dei soci.
Questo elemento di fatto caratterizza e influisce sulla gestione sociale, rendendo tali sodalizi differenti rispetto a quelli in cui l’azionariato risulta diffuso.
Di certo è bene precisare che non esiste una definizione giuridica di società a base familiare, né di società a ristretta base azionaria sociale.
Il giudizio di merito e la valutazione deve essere lasciato al libero apprezzamento dell’Ufficio prima e, eventualmente, al giudice poi.
È, infatti, da valutare caso per caso se i rapporti che legano i soci possano fare verosimilmente pensare ad una complicità fra gli stessi, tale da far
presupporre un accordo occulto per la ripartizione dei maggiori utili prodotti.
Non è, quindi, possibile individuare a priori un parametro o un limite massimo di soci oltre il quale non è più possibile servirsi della presunzione di legittimità.
Le pronunce della Cassazione sono, sul punto, alquanto eterogenee e non potrebbe essere altrimenti.
La sent. n. 3254/2000, ad esempio, considera a ristretta base azionaria, con organizzazione aziendale prevalentemente familiare, una società formata da padre (socio e legale rappresentante), madre e tre figli.
Per la sent. n. 24491/2006, invece, lo è una società con quattro soci, in cui quello investito da avviso di accertamento per redditi di capitale non dichiarati aveva una partecipazione del 25%.
Con la sent. n. 7492/2002, la Suprema Corte ha, invece, ritenuto applicabile la presunzione di distribuzione ad una società con cinque soci, di cui tre titolari per il 25% e due, tra cui il ricorrente, per il 12,5% (la società, in tal caso, è stata considerata a base parzialmente societaria stante il rapporto di fratellanza fra due soci minoritari).
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